Sono seduto nel patio della nostra Casita a Cuixmala. Durante il volo, la cui meta sarebbe stata in realtà la città vicina, ho ricevuto un SMS che mi invitava a venire qui, in uno degli hotel più belli del Messico. Il mare turchese davanti a me, l'aereo sulla pista appena fuori dalla porta. È pomeriggio e l'afa non dà tregua. Circondato da palme, alberi e fiori, sento soltanto il silenzio e nient'altro. Una brezza soffia dalla porta dietro di me, il ventilatore nella stanza gira veloce ma silenzioso, non come quello della nostra camera di ieri, rumoroso ma inefficace.
Ieri non avrei mai immaginato che oggi mi sarei trovato qui. Ero in una vecchia, minuscola e fatiscente camera d'albergo venduta come suite, davanti a una spiaggia dove, invece di gente, c'era immondizia. Siamo ripartiti di primo mattino, avevamo anche ordinato un taxi la sera prima, che però non è mai arrivato, così l'unico membro dello staff ci ha portati in auto fino al battello. Da lì siamo salpati fino alla riva opposta di un canale, poi siamo andati al parcheggio dei taxi, ma nemmeno qui siamo riusciti a trovarne uno. Allora una gentile signora, che dai nostri bagagli ha capito che volevamo andare all'aeroporto, ci ha offerto un passaggio sulla sua auto. Dopo alcuni controlli burocratici molto brevi per gli standard messicani, finalmente siamo saliti sul nostro aereo, con sufficiente carburante nei serbatoi per la destinazione successiva!
Negli ultimi tre giorni abbiamo volato il più a lungo e il più lontano possibile per arrivare fin qui e fare una pausa di tre giorni, prima di proseguire verso sud, in direzione Patagonia.
AARON DUROGATI - ARNAUD COTTET - ERIC GIRARDINI
WHY NOT?
There was a time in which snow was fundamental, here. It was a dream: if there was no snow, everything was missing.
Siamo in viaggio da ben 90 giorni, io, mia moglie Magdalena e il nostro aereo, un Piper Supercub del 1963. Vecchia scuola. Un classico nel mondo del volo. Famoso per essere un ottimo aereo da bush in Alaska, meno per coprire lunghe distanze. Voliamo a una velocità massima di 130 km/h, non più veloce di una macchina, però in linea d'aria e senza ingorghi. In teoria possiamo atterrare quasi ovunque esista una superficie piatta lunga 100 m. In Messico tuttavia non si può fare. Il traffico aereo è disciplinato rigidamente. A causa del traffico di droga, è consentito volare soltanto su aeroporti specifici. Ecco perché oggi abbiamo Avgas anche nei nostri serbatoi supplementari. Vogliamo evitare soste inutili. Fanno sprecare tempo e costituiscono un rischio. Un aereo come il nostro è perfetto per chi voglia contrabbandare qualcosa ed è quindi molto ricercato.
Finora, nel corso del nostro viaggio, abbiamo sentito raccontare cose orribili sul Messico, specialmente da americani che probabilmente non hanno mai osato valicare il confine. Noi però non crediamo a tutto quel che ci raccontano e preferiamo vedere di persona. Finora siamo sempre stati accolti ovunque con cordialità.
Alla partenza dall'Alaska a metà giugno, volando verso Barrow, il punto più settentrionale degli Stati Uniti, per poi dirigerci a sud da lì, sembrava quasi impossibile giungere in Messico. E anche ora la via verso Ushuaia, il punto più meridionale del Sudamerica, pare quasi infinita. Le nostre ali ci hanno già portato per 10.000 km e ne mancano ancora altrettanti. Negli ultimi tre mesi abbiamo visto tanti di quei posti, persone e cose così affascinanti, questi ricordi ci accompagneranno per tutta la vita.
A Barrow stavamo vicino al mare, l'acqua era ghiacciata, il sole non tramontava mai e, dopo il primo giorno, ho trovato le dune di sabbia perfette per praticare il parapendio sotto il sole, all'1 di notte.
Abbiamo esplorato una vecchia miniera d'oro abbandonata negli anni Sessanta. La gente aveva lasciato lì tutto: un trasloco sarebbe risultato costoso e possibile soltanto con l'aereo. Strade non ce ne sono, per quanto uno le cerchi. Così ora quella località è diventata un museo perfetto. Un posto dove il tempo si è fermato.
Le zanzare ci hanno mangiati vivi, ma gli orsi ci hanno risparmiato. Abbiamo visto i fiumi, i ghiacciai, i monti e i laghi più belli. Siamo atterrati in luoghi magici e remoti, dove solo un aereo da bush ti può portare, e abbiamo visto la natura nella sua forma più pura.
Abbiamo incontrato nuovi amici e ci siamo innamorati di un posto chiamato McCarthy. E tutto questo solo in Alaska. Il primo confine che abbiamo superato è stato quello canadese. Ero nervoso per via di tutte le carte che mi dovevo portare dietro per poter volare a livello internazionale con l'aereo, e anche perché mi mancava la licenza di pilota in formato carta di credito. Avevo appena completato il brevetto di pilota commerciale americano due mesi prima, ottenuto una licenza temporanea su carta e avrei dovuto aspettare l'arrivo di quella vera in plastica per posta, che però non è mai arrivata. E quando abbiamo capito che si era persa per strada, non volevamo che questo ci fermasse. Abbiamo rischiato e superatoil confine con una licenza temporanea.
Sul suolo canadese aspettavamo nervosamente gli agenti, che però non arrivavano. Ci abbiamo messo un po' a capire che avremmo dovuto chiamare gli agenti dalla cabina telefonica lì accanto per annunciare il nostro arrivo. Per loro era sufficiente questo e così siamo entrati ufficialmente in Canada. Un paio di lunghi giorni di volo ci hanno poi portati a Pemberton, nella British Columbia, da un amico. E gli amici si sono moltiplicati in fretta. Le nostre giornate erano piene tra scalate e voli in parapendio, e i nostri cuori colmi di gioia... È stato difficile staccarsi da lì, ma siamo in di nuovo in viaggio. E questo ci ha riportati indietro negli USA, negli stati di Washington e Idaho.
La vita in aereo era facile, con tante opportunità di atterrare, fare rifornimento di carburante, accamparsi e mangiare. Anche il bel tempo ci ha dato una mano. Abbiamo incontrato Gavin McClurg, un concorrente alle ultime due X-Alps e volato insieme a 5.500 m con il parapendio. Un altro momento culminante del viaggio. Dopo gli impressionanti canyon dello Utah, i deserti di sale e una splendente luna piena, ci siamo ritrovati a Telluride, in Colorado, in mezzo alle Montagne Rocciose. Abbiamo scalato il Wilson Peak, a 4.274 m d'altezza, il primo quattromila di Magdalena. La scalata si è rivelata estenuante, ma è valsa ogni sforzo. La sensazione di vivere insieme l'esperienza di una vetta così bella è stata emozionante per entrambi. Fare un viaggio simile insieme ci ha uniti come coppia. Tanti momenti fantastici, ma anche diverse sfide che ci hanno fatto crescere.
Dopo il Colorado siamo andati verso il mare. Attraverso il Nevada in California, dove già ci aspettava la prossima montagna: il monte Agassiz, 4.236 m, nella Sierra Nevada. Lo aveva scelto Magdalena e non è stata un'impresa facile. Aveva nevicato tutta la notte e le grandi pietre erano bianchissime e scivolose. È stato molto più stancante del previsto, ma siamo stati ricompensati ancora una volta dalla sensazione di avercela fatta.
Per me le montagne rappresentano un rilassante diversivo alle lunghe ore trascorse in volo e, in particolare, alla pianificazione del volo. Ogni ora di volo richiede un'ora di pianificazione. Quale pista dobbiamo prendere lungo la via? Quali spazi aerei considerare? Troveremo del carburante lì? Il tempo è adatto per volare? Le montagne sono troppo alte per essere sorvolate? Avrò la possibilità di lanciarmi col parapendio? Posso arrivare a piedi al punto di lancio? Con un aereo a propulsione non è un problema da poco. Poi, quando fa caldo, il motore perde potenza, e fa davvero tanto caldo, durante la secca estate del'Ovest americano. Ogni giorno c'erano temperature di 40 gradi. La responsabilità è completamente mia e non è facile da sostenere.
E ora sono qui, sul patio della nostra bella Casita in Messico, vedo il mio aereo a 100 m sulla pista d'atterraggio d'erba verde, e ho la sensazione di aver già ottenuto qualcosa. Aver volato dall'Alaska fin qui mi dà un certo orgoglio. E quando penso che domani si ricomincia e che ogni giorno ci avviciniamo sempre di più al nostro obiettivo, Ushuaia, non vedo l'ora di affrontare tutte le avventure che ancora ci aspettano. Viaggeremo per altri 3 mesi e, quando giungeremo a destinazione, non saremo più gli stessi. Ed è proprio questo il punto del viaggio: allargare i nostri orizzonti, superare i limiti e celebrare la vita!
But their thoughts, their dreams, their wishes, flew away, far away, towards those clear clouds: the first snow flake was an event.
Then it was simply a matter of waiting, and in just a short while it would be time for skiing. Skiing, well let’s not exaggerate. It was more a matter of collecting a couple of decent wooden slates from a broken barrel, hammer something onto them and even if unlikely, could hold one’s feet (old slippers secretly stolen from an aunt were perfect, for example), and then off they went. There were no ski lifts here. There were no helicopters, and no snow mobiles. There was just about nothing. That, and these incredible mountains.
On foot, you would climb up one of the slopes above the village. The mountains were an outline: too steep, too dangerous, too far away. And then you would slide down, some way or another, the best would even make turns. Down, then up again, with their breath icing up on their woollen scarves and their clothes encrusted with snow, then down again, until they had any breath left.
Many were happy enough like that. Many, but not everyone, because there is always someone who looks where others cannot see. Someone asked themselves what it would feel like to ski there, down those steep mountains, down those narrow couloirs. Crazy.
Arnaud, Aaron and Eric climb up quickly. The couloir opens up: not long to go, then it will be time to traverse over to the left, taking skis off and pulling out the ice axe and crampons. It will be then time to follow the narrow ridge to the peak, feeling the void all around like a deafening presence.
But their thoughts, their dreams, their wishes, flew away, far away, towards those clear clouds: the first snow flake was an event.
Then it was simply a matter of waiting, and in just a short while it would be time for skiing. Skiing, well let’s not exaggerate. It was more a matter of collecting a couple of decent wooden slates from a broken barrel, hammer something onto them and even if unlikely, could hold one’s feet (old slippers secretly stolen from an aunt were perfect, for example), and then off they went. There were no ski lifts here. There were no helicopters, and no snow mobiles. There was just about nothing. That, and these incredible mountains.
On foot, you would climb up one of the slopes above the village. The mountains were an outline: too steep, too dangerous, too far away. And then you would slide down, some way or another, the best would even make turns. Down, then up again, with their breath icing up on their woollen scarves and their clothes encrusted with snow, then down again, until they had any breath left.
Many were happy enough like that. Many, but not everyone, because there is always someone who looks where others cannot see. Someone asked themselves what it would feel like to ski there, down those steep mountains, down those narrow couloirs. Crazy.
Arnaud, Aaron and Eric climb up quickly. The couloir opens up: not long to go, then it will be time to traverse over to the left, taking skis off and pulling out the ice axe and crampons. It will be then time to follow the narrow ridge to the peak, feeling the void all around like a deafening presence.
Sono seduto nel patio della nostra Casita a Cuixmala. Durante il volo, la cui meta sarebbe stata in realtà la città vicina, ho ricevuto un SMS che mi invitava a venire qui, in uno degli hotel più belli del Messico. Il mare turchese davanti a me, l'aereo sulla pista appena fuori dalla porta. È pomeriggio e l'afa non dà tregua. Circondato da palme, alberi e fiori, sento soltanto il silenzio e nient'altro. Una brezza soffia dalla porta dietro di me, il ventilatore nella stanza gira veloce ma silenzioso, non come quello della nostra camera di ieri, rumoroso ma inefficace.
Ieri non avrei mai immaginato che oggi mi sarei trovato qui. Ero in una vecchia, minuscola e fatiscente camera d'albergo venduta come suite, davanti a una spiaggia dove, invece di gente, c'era immondizia. Siamo ripartiti di primo mattino, avevamo anche ordinato un taxi la sera prima, che però non è mai arrivato, così l'unico membro dello staff ci ha portati in auto fino al battello. Da lì siamo salpati fino alla riva opposta di un canale, poi siamo andati al parcheggio dei taxi, ma nemmeno qui siamo riusciti a trovarne uno. Allora una gentile signora, che dai nostri bagagli ha capito che volevamo andare all'aeroporto, ci ha offerto un passaggio sulla sua auto. Dopo alcuni controlli burocratici molto brevi per gli standard messicani, finalmente siamo saliti sul nostro aereo, con sufficiente carburante nei serbatoi per la destinazione successiva!
Negli ultimi tre giorni abbiamo volato il più a lungo e il più lontano possibile per arrivare fin qui e fare una pausa di tre giorni, prima di proseguire verso sud, in direzione Patagonia.
Siamo in viaggio da ben 90 giorni, io, mia moglie Magdalena e il nostro aereo, un Piper Supercub del 1963. Vecchia scuola. Un classico nel mondo del volo. Famoso per essere un ottimo aereo da bush in Alaska, meno per coprire lunghe distanze. Voliamo a una velocità massima di 130 km/h, non più veloce di una macchina, però in linea d'aria e senza ingorghi. In teoria possiamo atterrare quasi ovunque esista una superficie piatta lunga 100 m. In Messico tuttavia non si può fare. Il traffico aereo è disciplinato rigidamente. A causa del traffico di droga, è consentito volare soltanto su aeroporti specifici. Ecco perché oggi abbiamo Avgas anche nei nostri serbatoi supplementari. Vogliamo evitare soste inutili. Fanno sprecare tempo e costituiscono un rischio. Un aereo come il nostro è perfetto per chi voglia contrabbandare qualcosa ed è quindi molto ricercato.
Finora, nel corso del nostro viaggio, abbiamo sentito raccontare cose orribili sul Messico, specialmente da americani che probabilmente non hanno mai osato valicare il confine. Noi però non crediamo a tutto quel che ci raccontano e preferiamo vedere di persona. Finora siamo sempre stati accolti ovunque con cordialità.
Alla partenza dall'Alaska a metà giugno, volando verso Barrow, il punto più settentrionale degli Stati Uniti, per poi dirigerci a sud da lì, sembrava quasi impossibile giungere in Messico. E anche ora la via verso Ushuaia, il punto più meridionale del Sudamerica, pare quasi infinita. Le nostre ali ci hanno già portato per 10.000 km e ne mancano ancora altrettanti. Negli ultimi tre mesi abbiamo visto tanti di quei posti, persone e cose così affascinanti, questi ricordi ci accompagneranno per tutta la vita.
A Barrow stavamo vicino al mare, l'acqua era ghiacciata, il sole non tramontava mai e, dopo il primo giorno, ho trovato le dune di sabbia perfette per praticare il parapendio sotto il sole, all'1 di notte.
Abbiamo esplorato una vecchia miniera d'oro abbandonata negli anni Sessanta. La gente aveva lasciato lì tutto: un trasloco sarebbe risultato costoso e possibile soltanto con l'aereo. Strade non ce ne sono, per quanto uno le cerchi. Così ora quella località è diventata un museo perfetto. Un posto dove il tempo si è fermato.
Le zanzare ci hanno mangiati vivi, ma gli orsi ci hanno risparmiato. Abbiamo visto i fiumi, i ghiacciai, i monti e i laghi più belli. Siamo atterrati in luoghi magici e remoti, dove solo un aereo da bush ti può portare, e abbiamo visto la natura nella sua forma più pura.
Abbiamo incontrato nuovi amici e ci siamo innamorati di un posto chiamato McCarthy. E tutto questo solo in Alaska. Il primo confine che abbiamo superato è stato quello canadese. Ero nervoso per via di tutte le carte che mi dovevo portare dietro per poter volare a livello internazionale con l'aereo, e anche perché mi mancava la licenza di pilota in formato carta di credito. Avevo appena completato il brevetto di pilota commerciale americano due mesi prima, ottenuto una licenza temporanea su carta e avrei dovuto aspettare l'arrivo di quella vera in plastica per posta, che però non è mai arrivata. E quando abbiamo capito che si era persa per strada, non volevamo che questo ci fermasse. Abbiamo rischiato e superatoil confine con una licenza temporanea.
Sul suolo canadese aspettavamo nervosamente gli agenti, che però non arrivavano. Ci abbiamo messo un po' a capire che avremmo dovuto chiamare gli agenti dalla cabina telefonica lì accanto per annunciare il nostro arrivo. Per loro era sufficiente questo e così siamo entrati ufficialmente in Canada. Un paio di lunghi giorni di volo ci hanno poi portati a Pemberton, nella British Columbia, da un amico. E gli amici si sono moltiplicati in fretta. Le nostre giornate erano piene tra scalate e voli in parapendio, e i nostri cuori colmi di gioia... È stato difficile staccarsi da lì, ma siamo in di nuovo in viaggio. E questo ci ha riportati indietro negli USA, negli stati di Washington e Idaho.
La vita in aereo era facile, con tante opportunità di atterrare, fare rifornimento di carburante, accamparsi e mangiare. Anche il bel tempo ci ha dato una mano. Abbiamo incontrato Gavin McClurg, un concorrente alle ultime due X-Alps e volato insieme a 5.500 m con il parapendio. Un altro momento culminante del viaggio. Dopo gli impressionanti canyon dello Utah, i deserti di sale e una splendente luna piena, ci siamo ritrovati a Telluride, in Colorado, in mezzo alle Montagne Rocciose. Abbiamo scalato il Wilson Peak, a 4.274 m d'altezza, il primo quattromila di Magdalena. La scalata si è rivelata estenuante, ma è valsa ogni sforzo. La sensazione di vivere insieme l'esperienza di una vetta così bella è stata emozionante per entrambi. Fare un viaggio simile insieme ci ha uniti come coppia. Tanti momenti fantastici, ma anche diverse sfide che ci hanno fatto crescere.
Dopo il Colorado siamo andati verso il mare. Attraverso il Nevada in California, dove già ci aspettava la prossima montagna: il monte Agassiz, 4.236 m, nella Sierra Nevada. Lo aveva scelto Magdalena e non è stata un'impresa facile. Aveva nevicato tutta la notte e le grandi pietre erano bianchissime e scivolose. È stato molto più stancante del previsto, ma siamo stati ricompensati ancora una volta dalla sensazione di avercela fatta.
Per me le montagne rappresentano un rilassante diversivo alle lunghe ore trascorse in volo e, in particolare, alla pianificazione del volo. Ogni ora di volo richiede un'ora di pianificazione. Quale pista dobbiamo prendere lungo la via? Quali spazi aerei considerare? Troveremo del carburante lì? Il tempo è adatto per volare? Le montagne sono troppo alte per essere sorvolate? Avrò la possibilità di lanciarmi col parapendio? Posso arrivare a piedi al punto di lancio? Con un aereo a propulsione non è un problema da poco. Poi, quando fa caldo, il motore perde potenza, e fa davvero tanto caldo, durante la secca estate del'Ovest americano. Ogni giorno c'erano temperature di 40 gradi. La responsabilità è completamente mia e non è facile da sostenere.
E ora sono qui, sul patio della nostra bella Casita in Messico, vedo il mio aereo a 100 m sulla pista d'atterraggio d'erba verde, e ho la sensazione di aver già ottenuto qualcosa. Aver volato dall'Alaska fin qui mi dà un certo orgoglio. E quando penso che domani si ricomincia e che ogni giorno ci avviciniamo sempre di più al nostro obiettivo, Ushuaia, non vedo l'ora di affrontare tutte le avventure che ancora ci aspettano. Viaggeremo per altri 3 mesi e, quando giungeremo a destinazione, non saremo più gli stessi. Ed è proprio questo il punto del viaggio: allargare i nostri orizzonti, superare i limiti e celebrare la vita!