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Leo Ghezza

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ATHLETESTORY

LEO GHEZZA – SUMMER 2024

Se devo descrivere l’estate appena trascorsa mi viene in mente solo una parola: intensa. Un’estate con condizioni meteorologiche anomale: tanta neve che ha accorciato drasticamente la stagione e lo zero termico a quote elevate da fine luglio a fine agosto che ha reso molto pericolose alcune salite. Ho deciso di trascorre i mesi estivi nella zona del Monte Bianco, uno dei miei posti preferito dove purtroppo, dopo la salita del Pilone Centrale in giornata in solitaria nel 2020, ci sono tornato poche volte. L’obiettivo principale prefissato in primavera era di migliorare a livello aerobico e di gamba, senza però perdere sull’arrampicata. Un obiettivo al quanto difficile perche più spingi da una parte più automaticamente perdi dall’altro. Si tratta di un equilibro molto sottile.

LA SUPER INTEGRALE DE PEUTEREY

A inizio luglio faccio qualche giro di ricognizione sulla Via “Ratti-Vitali” sulla parete Ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey con Luca Ducoli e con Magda la Cresta dell’Innominata che arriva in cima al Monte Bianco. La prima vera finestra di bel tempo che riesco a sfruttare è quella del 25-26 luglio. I miei piani originali sono stravolti, ritardo di un mese sul mio piano originale e il mio compagno di avventure Luca Ducoli fermo per un infortunio. Decido di partire in solitaria per la “Super Integrale” ovvero il trittico Casarotto. Si tratta di un concatenamento fatto per la prima volta da Renato Casarotto in inverno in solitaria nel 1982 in 15 giorni. Ad oggi nessuno lo ha più ripetuto in solitaria. La mia idea è di farla in due giorni. Parto alle 3.30 di mattina dal rifugio Monzino e dopo 3 ore di avvicinamento passando dal colle dell’Innominato, sono sul ghiacciaio all’attacco della prima salita (Ratti – Vitali) che supero in 3.50 e raggiungo la cima della Aiguille Noire. Do una pacca sulla spalla della madonnina in vetta e inizio le 18 doppie per tornare alla base. Riparto sulla parete Ovest del Pic Gugliermina, nonostante qualche scarica di sassi, scalo fuori dalla linea “Gervasutti-Boccalatte” ed esco in direzione delle cenge Schneider, raggiungendo così la cima dell’Aiguille Blanche verso le 17.00. Lo zaino da 15 kg inizia a farsi sentire. Bivacco sulla cima e mentre mi preparo il necessario per la notte vedo sulla cresta del Pilier D’Angel Francois Cazzanelli e Beppi Vidoni uscire da una veloce ripetizione di Divine Providence. Ci telefoniamo, divisi un chilometro d’aria e so già che questo è uno di cui momenti che mi ricorderò. La mattina il mio programma viene nuovamente stravolto e l’ultima via del “trittico” il “Bonington” al Pilone centrale del Freney dovrà aspettare. Aaron e Magda, partiti di notte dal Rifugio Monzino per fare la mia stessa via, scivolano sul pendio nevoso che porta al ghiacciaio del Freney. Entrambi malconci, ma per fortuna senza nessuna grave conseguenza. Li aiuto ad andare al Col de Peuterey per agevolare il recupero con l’elicottero. Calcolo la situazione una volta che l’elicottero si alza. Sono trascorse due ore, la giornata è calda, la neve ha iniziato a mollare e la mia motivazione dopo l’accaduto è veramente bassa per uscire dalla Via Bonington. Dopo averci riflettuto decido di uscire sulla cime del Bianco dalla cresta di Peuterey per essere più veloce. Arrivo in vetta alle 11.00 e alle 15.00 sono di nuovo a Courmayer.

CRESTA INEGRALE DI PUETEREY

Data l’alta pressione, decido di provare la cresta integrale di Peuterey in giornata il 4 agosto insieme a Luca Ducoli che mi accompagna per una parte di essa. Partiamo di notte dalla Val Veny, saliamo un rapido sentiero e in un’ora e mezza siamo all’attacco della cresta sud. Scaliamo il primo pezzo con le frontali e con due lunghi tiri in simul climbing raggiungiamo la cima della Noire. Qui le nostre strade si dividono, lui rientra dalla Cresta Est, io proseguo solo. Inizio veloce le 15 doppie che mi portano verso le Dames Anglaises. La roccia non è di grande qualità rilasciando scariche verticali a cui bisogna stare all’occhio nonostante il grado di difficoltà basso. Sorpasso alcune delle 6 cordate che avevo davanti e all’altezza del canale prima del bivacco decido di uscire dalla linea verso sinistra. Qui la strada è di nuovo libera e così cerco di recuperare un po' di tempo sull’Aiguille Blanche che raggiungo verso mezzogiorno e mezzo. Disarrampico un centinaio di metri e scendo al Col de Peuterey, a quel punto inizio a scalare sul Pilier d’Angle verso l’uscita del Monte Bianco. L’ultimo pendio di 600 metri mi demolisce le gambe, nessuno è ancora passato quel giorno e quindi ho ribattuto la vecchia traccia sprofondando fin sopra le ginocchia. Arrivo in cima alle 13.00 dopo un’ascesa totale di 4500 metri dove un gentilissimo Davide Manolino mi aspetta per darmi supporto. Insieme ci dirigiamo lungo il ghiacciaio verso il Piton des Italienes sul versante italiano e a metà le condizioni sembrano buone per volare. In circa 10 minuti atterro al parcheggio del camping da cui ero partito 15 ore prima. Magda mi sta aspettando con la cena pronta in furgone, a conclusione di una giornata quasi perfetta. Dico quasi perche avrei voluto essere più veloce, ma sono comunque contento del risultato, dato che non conoscevo una parte della salita e la cresta finale.

LA LUNGA TRAVERSARA DAL RIFUGIO TORINO ALLA PUNTA WALKER

Il 10 agosto ci sono altri giorni con tempo stabile e vento ottimo per decollare dalla cima delle Grandes Jorasses. E’ l’occasione perfetta per provare la lunga traversata dal Rifugio Torino alla punta Walker che non ho mai fatto penso; una valvata molto aerea sempre sul filo di cresta che passa su 7 punte diverse di 4000 metri. All’ultimo si aggiunge Pietro Mercuriali, ma purtroppo per lui sa gia che dovrà scendere solo lungo la via normale ma accetta comunque di accompagnarmi. Partiamo alle 3 di notte dal Rifugio Torino, il tempo di qualche chiacchiera, alcuni su e giù sul Dome de Rochefort e siamo al bivacco Canzio che divide a circa metà la salita. Continuiamo slegati ma vicini, abbiamo un buon passo, qualche attimo per capire la direzione giusta e alle 9.50 siamo in cima a Punta Walker. Tutto è perfetto. In pochi minuti mi sistemo e apro il parapendio proprio sulla cima: leggero vento da Sud ottimale per il decollo come le previsioni avevano azzeccato. Facciamo una foto insieme di ricordo e via, decollo. Mi godo la discesa e penso al povero Pietro che scende a piedi. Atterro in parte alla Skywalk poco dopo le 10, giusto giusto per un caffe. Verso le 14.00 vado a in Val Ferret a recuperare Pietro, un bagno fresco nel torrente e mangiamo insieme per concludere in bellezza la giornata.

DOLOMITI – ECLISSI

Concludo la mia stagione sul Monte Bianco insieme a “Bepi” Vidoni con la ripetizione in libera della Via Lecco al Grand Capucin, una via fino all’8°+ a 3800mt di quota. Il tiro chiave si sviluppa con una sezione boulderosa intensa nella prima parte e una fessura fisica nella seconda, in poche parole arrivi in sosta con il fiatone come quando corri i 100 metri. Il giorno seguente decido di “traslocare” in Dolomiti. Rientrando passo da casa per lavare qualche vestito e controllare se il mio gatto è ancora vivo. Riparto e parcheggio il furgone a Pozza di Fassa dove ho un “cantiere” aperto, una nuova via in Vallaccia che avevo iniziato nel 2023. Con Luca Ducoli, l’ormai consolidato compagno di avventure, facciamo il punto della situazione e trascorriamo le seguente tre giornate al lavoro per chiodare tutti i tiri. Lo switch tra granito del Monte Bianco e Calcare delle Dolomiti è stato complicato. Voi mi direte, è sempre arrampicata no? Certo, ma due stili di arrampicata completamente diversi. Le prese sono differenti, il modo di muoversi, il feeling con la roccia, per non parlare poi della fiducia sui cliff. In poche parole, dopo un’estate in quota sul granito, il rientro in Dolomiti è stato un trauma. La via è una linea interessante su roccia ottima, completamente indipendente che non interseca altre vie. Dedichiamo altre due giornale alla pulizia, per agevolare e rendere più piacevoli le ripetizioni. Il 30 agosto scaliamo e liberiamo tutti i tiri della nostra nuova via “Eclissi” sulla torre Mezzaluna, 280 metri con grado massimo 8a. La via è sportiva e per la ripetizione bastano una decina di rinvii. Dato che accanto si trovano due vie di Rolando Larcher abbiamo tenuto lo stesso stile, sperando che piaccia ai prossimi ripetitori. Aprire nuove vie mi porta ad assaporare l’avventura, un sapore che ormai viene sempre più dimenticato. Si chiudono così due mesi intensi a condividere momenti, sensazioni che diventeranno ricordi. D’altro siamo fatti di esperienze vissute. Nonostante altri progetti in mente è ora di tornare a casa.

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