Kathrin, Tessa e Suzie
CHE COSA CI FACCIAMO QUI
La sveglia suona in tre stanze differenti. Sono le sei del mattino. Il rumore che solitamente ti sveglia dai tuoi sogni e ti ricorda che sta per cominciare un’altra giornata di lavoro, oggi è diverso. È sabato, il weekend è appena iniziato.
Oggi non ci sono scuse per rifiutarsi di alzarsi e rimanere nel letto, rubando qualche momento in più per sonnecchiare al caldo. C’è ben altro da fare. Lo zaino è già in macchina. Basta una manciata di minuti: il tempo di vestirsi di corsa e, automaticamente, sciacquare la sonnolenza dal volto e bere un caffè al volo. È da una settimana che Kathrin, Tessa e Suzie aspettano questo momento. S’incontrano nel punto stabilito. Si salutano con un sorriso, i loro occhi hanno una luce particolare oggi, come quella di un bambino che osserva qualcosa di nuovo per la prima volta. Anche l’aria sembra trepidante e profuma di aspettative. “Siamo pronte? Si va!”
La Val Badia, quest’ampia e armoniosa valle scavata dal tempo e dalle barriere coralline in mezzo a monumenti naturali, è ancora avvolta nell’ombra. Solo qui in alto, dove la strada si inerpica verso il passo di Falzarego, i raggi arancioni del sole si stagliano contro l’azzurro del cielo nell’aria pulita e tersa. E mentre l’auto prosegue la salita che le porterà alle pendici del Lagazuoi, il sole si fa alto fino a illuminare ogni punto di questo angolo delle Dolomiti orientali di Badia. Accarezza ogni roccia con la sua luce dorata, e colpisce la coscienza delle persone quasi come uno schiaffo, a ricordare loro quanto il tempo sia immenso e l’uomo piccolo, quanto il mondo sia enorme e noi minuscoli. Là fuori c’è tutto lo spazio per dare significato a milioni di vite, non dimentichiamolo. L’aria è fresca, frizzante e tagliente. Il suo odore richiama spazi aperti e rivelazioni da assaporare in silenzio. Un brivido percorre la schiena delle ragazze non appena scese dall’auto: non si tratta del freddo, non solo. È quel movimento primordiale e incontrollato, simile a quello dei piccoli cani, che il corpo usa per scrollarsi di dosso la familiare catena legata al comfort, alla routine e agli spazi conosciuti. Preparano i bastoncini da trekking, indossano lo zaino e fanno un lungo respiro. Ora di fronte a loro c’è solo la montagna. I primi passi sono lenti, ampi, quasi pesanti. Ci vuole del tempo prima che le gambe si risveglino per bene, ma non solo, bisogna anche liberarsi di un altro bagaglio, meno visibile ma più pesante dello zainetto con tutto il necessario per sopravvivere per un paio di giorni. Al suo interno c’è ogni singolo giorno di stress con scadenze da rispettare, tenuto insieme dalla tensione di doversi adattare a un mondo che ci vorrebbe in costante miglioramento, più veloci e produttivi. È pieno di convenzioni sociali su come bisognerebbe comportarsi in questo mondo e apparire in quanto donne: sorridenti, compiacenti e frivole.
And he’s been climbing ever since. It didn’t take him long to decide that climbing, or rather, that specific way of climbing, was what he wanted to dedicate his life to. Or at least part of his life. He is also dedicated to Sandra, Iano and Iari, his wife and two children. This is why he inspires such admiration and respect. Simon is a man who understands the consequences of the choices he makes. He knows that his life is not only about himself. Every decision, including electing to open a route of that difficulty, from the ground up, on that rock, is tempered by a great sense of responsibility. The sun is starting to set behind Cima Ovest. Simon and Andrea are out of sight. They’ve reached the great ringband terrace and then the summit. The wind carries an exuberant shout of joy far towards the distant meadows of Misurina. A small flock of choughs flies past with complete indifference, heading towards who knows where. Das Erbe der Väter is a unique route. Without a doubt. It’s an innovative feat, opening a line of that level of difficulty using a traditional approach. It’s more than just a route, it’s a tribute to the climbers who laid the historical foundations of alpinism and a prophecy of the climbers who will envisage and create its future – on this same mountain – in years to come.
It didn’t take him long to decide that climbing was what he wanted to dedicate his life to. Or at least part of his life. He is also dedicated to Sandra, Iano and Iari, his wife and two children. He knows that his life is not only about himself. Every decision, including electing to open a route of that difficulty, from the ground up, on that rock, is tempered by a great sense of responsibility. The sun is starting to set behind Cima Ovest. Simon and Andrea are out of sight. They’ve reached the great ringband terrace and then the summit. The wind carries an exuberant shout of joy far towards the distant meadows of Misurina. Das Erbe der Väter is more than just a route, it’s a tribute to the climbers who laid the historical foundations of alpinism and a prophecy of the climbers who will envisage and create its future – on this same mountain – in years to come.
It didn’t take him long to decide that climbing was what he wanted to dedicate his life to. Or at least part of his life. He is also dedicated to Sandra, Iano and Iari, his wife and two children. He knows that his life is not only about himself. Every decision, including electing to open a route of that difficulty, from the ground up, on that rock, is tempered by a great sense of responsibility. The sun is starting to set behind Cima Ovest. Simon and Andrea are out of sight. They’ve reached the great ringband terrace and then the summit. The wind carries an exuberant shout of joy far towards the distant meadows of Misurina. Das Erbe der Väter is more than just a route, it’s a tribute to the climbers who laid the historical foundations of alpinism and a prophecy of the climbers who will envisage and create its future – on this same mountain – in years to come.
Serve del tempo prima che il ritmo dei passi si coordini al crescente battito del cuore e alle proprie emozioni. Ci vuole un po’, ma a ciascun battito, a ogni respiro in quell’aria così fresca e piacevole, questo ingombrante bagaglio si fa un po’ più leggero. Dopotutto, il punto è sempre lo stesso: “Fregatene di come dovresti essere. C’è molta più bellezza nella libertà delle Dolomiti che nei saloni di bellezza della metà di questo continente. Vuoi eliminare lo stress? Il concetto di relax non deve comprendere necessariamente rifugiarsi in una spa per crogiolarsi ammollo nell’acqua calda”. “Per me è un po’ è come dare luce alla nostra voce interna che spesso abbiamo dovuto mettere a tacere a causa di impegni opprimenti. Significa tornare a osservare il mondo con gli stessi occhi di quando eravamo piccole”. “È, soprattutto, percepire la meraviglia che entra nel tuo corpo, sì, proprio nel corpo, non solo nella mente, alla vista di queste montagne, materne e ostili allo stesso tempo”. La salita ha inizio. Un passo, due, tre. Il rumore cadenzato dei bastoncini da trekking segue il ritmo degli scarponi e il respiro che s’intensifica gradualmente, fino a raggiungere quello dei battiti cardiaci, unendosi al suono del vento e al movimento delle pietre sotto le suole: chi ha mai detto che un insieme di rumori non possa già essere di per sé una sinfonia? I primi metri sono ancora scomposti. Serve del tempo per entrare in quella sinfonia, per realizzare di essere sia spettatori che strumenti. Ci sono pensieri che non hanno nulla a che spartire con questo; la mente vaga ancora dalle mansioni dell’ultima settimana a quelle che verranno al rientro.
Piccole briciole di pensieri da gettare ai corvi. È questo il motivo per cui queste tre ragazze sono qui: per riscoprire se stesse, seguire i loro desideri, definirsi in modo diverso, e sentire veramente la propria vita mentre la riconquistano. Ciò che conta è qui e ora. Il ritmo incalza, spostando il metronomo di questa eccentrica sinfonia. I passi si adattano al battito del cuore, al respiro e ai pensieri. Non esistono gare o cronometri contro cui competere. Non ci sono tempi o record da battere. C’è un pensiero, uno di quelli che quando arriva, si adatta perfettamente ai meccanismi del cervello, obbligandoti a riflettere attentamente prima di passare al pensiero successivo: “Ci hanno insegnato che la velocità è il rapporto tra lo spazio e il tempo. Sbagliato. È il rapporto tra le esperienze vissute e il tempo”. È per questo che devi essere veloce: per battere il tempo. Per vivere di più con meno, perché anche due giorni possono essere abbastanza, se ti muovi come un cervo. Qualche nuvola si alterna nel cielo, spostandosi rapidamente come le tre ragazze determinate a conquistare ogni singolo metro del tracciato, poco importa dove finirà. Ciò che conta è il modo. Come un mantra, la rapida sinfonia di passi riesce a lasciare la sua impronta, a svuotare la loro mente. Quando il sole inizia a calare, non sono più Kathrin, Tessa e Suzie, le tre ragazze partite questa mattina, sono fasci di emozioni connessi tra loro da qualcosa d’intangibile, qualcosa chiamato “io”. Sono libere. Ora che il resto è passato, il tempo appartiene a loro. “Ecco. È per questo che siamo qui”.
Paul pulls the window down. “Hey, Ken!” The shaggy Alaskan turns around, and stares at the Austrian. It could be the light of dawn, but he sees something more than a simple pilot, and something more than an adventurer. He sees a man who had no fear to take a new road, to follow a dream, to understand the true spirit of Alaska, beyond the rhetoric of the last frontier. He sees someone who flies to fly, someone for which air is not only what your wings, or your sail fly across. Someone for which the never ending kilometers of tundra, lakes and mountains are not a distance to merely fly across, but a space in which to express oneself. It could be the light of dawn, but Ken is almost touched by the thought. “Ken, I wanted to say…no, forget it. Thanks, you are awesome, see you in four days. Buy some beer!” Ken lifts his thumb. Paul turns on the engine, taking off with elegant precision from the narrow strip which by now he calls air field. He gains height, while the intense morning light starts to caress Seward’s Folly. Four hours later his plane is parked on the edge of a nameless valley, somewhere east of Peter’s Dome. Paul is running fast; behind him the paraglider inflates, and his feet lose contact with the ground beneath. Around him a never ending expanse of new and incredible places, there is no sign of a person, a house, or a trail. “Flying to fly” he giggles happily, fixing himself in the saddle. “Yes, this is exactly what dreams coming true taste like.”
CHE COSA CI FACCIAMO QUI
La sveglia suona in tre stanze differenti. Sono le sei del mattino. Il rumore che solitamente ti sveglia dai tuoi sogni e ti ricorda che sta per cominciare un’altra giornata di lavoro, oggi è diverso. È sabato, il weekend è appena iniziato.
Oggi non ci sono scuse per rifiutarsi di alzarsi e rimanere nel letto, rubando qualche momento in più per sonnecchiare al caldo. C’è ben altro da fare. Lo zaino è già in macchina. Basta una manciata di minuti: il tempo di vestirsi di corsa e, automaticamente, sciacquare la sonnolenza dal volto e bere un caffè al volo. È da una settimana che Kathrin, Tessa e Suzie aspettano questo momento. S’incontrano nel punto stabilito. Si salutano con un sorriso, i loro occhi hanno una luce particolare oggi, come quella di un bambino che osserva qualcosa di nuovo per la prima volta. Anche l’aria sembra trepidante e profuma di aspettative. “Siamo pronte? Si va!”
La Val Badia, quest’ampia e armoniosa valle scavata dal tempo e dalle barriere coralline in mezzo a monumenti naturali, è ancora avvolta nell’ombra. Solo qui in alto, dove la strada si inerpica verso il passo di Falzarego, i raggi arancioni del sole si stagliano contro l’azzurro del cielo nell’aria pulita e tersa. E mentre l’auto prosegue la salita che le porterà alle pendici del Lagazuoi, il sole si fa alto fino a illuminare ogni punto di questo angolo delle Dolomiti orientali di Badia. Accarezza ogni roccia con la sua luce dorata, e colpisce la coscienza delle persone quasi come uno schiaffo, a ricordare loro quanto il tempo sia immenso e l’uomo piccolo, quanto il mondo sia enorme e noi minuscoli. Là fuori c’è tutto lo spazio per dare significato a milioni di vite, non dimentichiamolo. L’aria è fresca, frizzante e tagliente. Il suo odore richiama spazi aperti e rivelazioni da assaporare in silenzio. Un brivido percorre la schiena delle ragazze non appena scese dall’auto: non si tratta del freddo, non solo. È quel movimento primordiale e incontrollato, simile a quello dei piccoli cani, che il corpo usa per scrollarsi di dosso la familiare catena legata al comfort, alla routine e agli spazi conosciuti. Preparano i bastoncini da trekking, indossano lo zaino e fanno un lungo respiro. Ora di fronte a loro c’è solo la montagna. I primi passi sono lenti, ampi, quasi pesanti. Ci vuole del tempo prima che le gambe si risveglino per bene, ma non solo, bisogna anche liberarsi di un altro bagaglio, meno visibile ma più pesante dello zainetto con tutto il necessario per sopravvivere per un paio di giorni. Al suo interno c’è ogni singolo giorno di stress con scadenze da rispettare, tenuto insieme dalla tensione di doversi adattare a un mondo che ci vorrebbe in costante miglioramento, più veloci e produttivi. È pieno di convenzioni sociali su come bisognerebbe comportarsi in questo mondo e apparire in quanto donne: sorridenti, compiacenti e frivole.
Val Badia, this wide and pleasant groove carved out in the midst of natural monuments by time and coral barriers is still enveloped by shade. Only there, up high, where the road twists up to Falzarego pass do the orange rays cut through the blue, clear, and terse air. And it is while they drive up to reach the foot of Lagazuoi that the sun is high enough to brighten up every point of this corner in the Eastern Dolomites of Badia. It hits every rock with a golden caress, and the conscience of people with a declaration which is like a slap saying: time is enormous and you are tiny; the world is enormous and you are tiny; out here there is space to give meaning to millions of lives, don’t forget this. The air is cool, crisp and sharp. Its perfume is of open spaces and revelations to be seized in silence. A shiver runs down the girls’ backs as soon as they step out of the car - it’s not the cold, not only; it is that primordial and automatic movement (that a young dog uses) with which your body shakes off the familiar chain of comfort, routine, and a space well known. They each prepare their trekking poles, put their back pack on, and take a deep breath. Now they only have the mountain in front of them. The first steps are slow, extended, almost heavy. You need to wait till your legs wake up, but not only, you also need to free yourself of the other baggage, which is less visible but heavier than that small backpack which holds everything needed to survive for a couple of days. It is made up of every day fatigue and deadlines to meet, sewn on with the tension of having to adapt to a world which wants to see you forever improving, quicker and more productive. It is full of social conventions of how to act in this world, and how to act in it if you are a woman: smiling, compliant and frivolous.
Serve del tempo prima che il ritmo dei passi si coordini al crescente battito del cuore e alle proprie emozioni. Ci vuole un po’, ma a ciascun battito, a ogni respiro in quell’aria così fresca e piacevole, questo ingombrante bagaglio si fa un po’ più leggero. Dopotutto, il punto è sempre lo stesso: “Fregatene di come dovresti essere. C’è molta più bellezza nella libertà delle Dolomiti che nei saloni di bellezza della metà di questo continente. Vuoi eliminare lo stress? Il concetto di relax non deve comprendere necessariamente rifugiarsi in una spa per crogiolarsi ammollo nell’acqua calda”. “Per me è un po’ è come dare luce alla nostra voce interna che spesso abbiamo dovuto mettere a tacere a causa di impegni opprimenti. Significa tornare a osservare il mondo con gli stessi occhi di quando eravamo piccole”. “È, soprattutto, percepire la meraviglia che entra nel tuo corpo, sì, proprio nel corpo, non solo nella mente, alla vista di queste montagne, materne e ostili allo stesso tempo”. La salita ha inizio. Un passo, due, tre. Il rumore cadenzato dei bastoncini da trekking segue il ritmo degli scarponi e il respiro che s’intensifica gradualmente, fino a raggiungere quello dei battiti cardiaci, unendosi al suono del vento e al movimento delle pietre sotto le suole: chi ha mai detto che un insieme di rumori non possa già essere di per sé una sinfonia? I primi metri sono ancora scomposti. Serve del tempo per entrare in quella sinfonia, per realizzare di essere sia spettatori che strumenti. Ci sono pensieri che non hanno nulla a che spartire con questo; la mente vaga ancora dalle mansioni dell’ultima settimana a quelle che verranno al rientro.
Piccole briciole di pensieri da gettare ai corvi. È questo il motivo per cui queste tre ragazze sono qui: per riscoprire se stesse, seguire i loro desideri, definirsi in modo diverso, e sentire veramente la propria vita mentre la riconquistano. Ciò che conta è qui e ora. Il ritmo incalza, spostando il metronomo di questa eccentrica sinfonia. I passi si adattano al battito del cuore, al respiro e ai pensieri. Non esistono gare o cronometri contro cui competere. Non ci sono tempi o record da battere. C’è un pensiero, uno di quelli che quando arriva, si adatta perfettamente ai meccanismi del cervello, obbligandoti a riflettere attentamente prima di passare al pensiero successivo: “Ci hanno insegnato che la velocità è il rapporto tra lo spazio e il tempo. Sbagliato. È il rapporto tra le esperienze vissute e il tempo”. È per questo che devi essere veloce: per battere il tempo. Per vivere di più con meno, perché anche due giorni possono essere abbastanza, se ti muovi come un cervo. Qualche nuvola si alterna nel cielo, spostandosi rapidamente come le tre ragazze determinate a conquistare ogni singolo metro del tracciato, poco importa dove finirà. Ciò che conta è il modo. Come un mantra, la rapida sinfonia di passi riesce a lasciare la sua impronta, a svuotare la loro mente. Quando il sole inizia a calare, non sono più Kathrin, Tessa e Suzie, le tre ragazze partite questa mattina, sono fasci di emozioni connessi tra loro da qualcosa d’intangibile, qualcosa chiamato “io”. Sono libere. Ora che il resto è passato, il tempo appartiene a loro. “Ecco. È per questo che siamo qui”.
Oggi non ci sono scuse per rifiutarsi di alzarsi e rimanere nel letto, rubando qualche momento in più per sonnecchiare al caldo. C’è ben altro da fare. Lo zaino è già in macchina. Basta una manciata di minuti: il tempo di vestirsi di corsa e, automaticamente, sciacquare la sonnolenza dal volto e bere un caffè al volo. È da una settimana che Kathrin, Tessa e Suzie aspettano questo momento. S’incontrano nel punto stabilito. Si salutano con un sorriso, i loro occhi hanno una luce particolare oggi, come quella di un bambino che osserva qualcosa di nuovo per la prima volta. Anche l’aria sembra trepidante e profuma di aspettative. “Siamo pronte? Si va!”
Today there are no excuses to put off waking up to turn over in bed, stealing a few more moments of warmth and sleepiness; there are other things to be done. The backpack is already in the car. It takes a moment: the time to get dressed quickly and automatically, wash off the drowsiness from your face and gulp a coffee down. Kathrin, Tessa and Suzie have been waiting the whole week for this moment. They meet in the arranged location. They greet each other with a smile, everybody's eyes have that special glint in them, just like a kid who is looking at something new for the first time. The air itself is quivering and smells of expectations. "Ready? Off we go!"